Conciliazione:

La conciliazione è un istituto che mira alla composizione amichevole della lite mediante il raggiungimento di un accordo tra le parti.

È ovvio che debba trattarsi di una controversia avente ad oggetto dei diritti di cui le parti possono liberamente disporre.

Essa può essere tentata al di fuori e prima del giudizio, proprio allo scopo di evitarlo:

– art. 322 c.p.c.: le parti possono presentare istanza al Giudice di Pace finalizzata ad una “conciliazione in sede non contenziosa”.

Il Giudice le convocherà e, se la conciliazione riesce, ne redige verbale, che avrà valore di titolo esecutivo (se si tratta di materia di competenza del Giudice di Pace) o comunque di una scrittura privata di carattere ricognitivo (negli altri casi).

Se la conciliazione non dovesse riuscire, le parti potranno comunque intraprendere un ordinario giudizio.

– art. 410 c.p.c.: in materia di lavoro le parti hanno la facoltà di rivolgersi preventivamente ad una “commissione di conciliazione” al fine di evitare il giudizio.

Tale tentativo di conciliazione, obbligatorio fino a pochi anni fa, ora è divenuto meramente facoltativo (legge n. 183/2010).

– vedi “negoziazione assistita”.

– vedi “mediazione” obbligatoria o facoltativa.

Oppure potrà essere tentata nell’ambito del giudizio già iniziato: nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace (art. 320 c.p.c.), dinanzi al Tribunale (art. 185 bis, art. 420, art. 652 c.p.c. o in materia di separazione coniugi e divorzio) o dinanzi alla Corte di Appello (art. 350 c.p.c.) il Giudice pone comunque in essere un tentativo di conciliare le parti, così da evitare di giungere alla decisione con l’emissione della sentenza e concludere il giudizio prima del tempo.

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